Prosciutto e gravidanza: è possibile includere il prosciutto pata negra nella dieta delle donne incinte?

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L'alimento stella della dieta mediterranea e soprattutto della gastronomia spagnola, il prosciutto serrano, così come altre carni crude o poco cotte sono ampiamente consentiti in gravidanza nelle donne che hanno contratto la toxoplasmosi in precedenza, ma le donne incinte che non sono mai state infettate possono consumare prosciutto?
 

Che cos'è la toxoplasmosi e chi la contrae?

 
La toxoplasmosi è una malattia infettiva causata da un parassita chiamato Toxoplasma gondii, la quale può essere contratta a causa dei seguenti meccanismi:
 
  • Esposizione a escrementi di gatti infetti;
  • Assunzione di carne contaminata cruda o poco cotta;
  • Uso di utensili per tagliare carne cruda contaminati;
  • Assunzione di acqua contaminata;
  • Trapianto di organi o trasfusioni di sangue da parte di persone infette.

La maggior parte di chi è infetto non sviluppa la malattia, ma il parassita provoca gravi problemi in alcune persone, comprese quelle che hanno il sistema immunitario indebolito e i neonati di madri che hanno contratto l’infezione durante la gravidanza. Tale patologia comprende lesioni al cervello, agli occhi e ad altri organi; tuttavia, esiste un trattamento medico per questi casi.
 
In linea di massima, si dice che, se una donna non ha avuto la toxoplasmosi prima della gravidanza, questa deve evitare di mangiare carne cruda o poco cotta per non correre il rischio di contrarre tale malattia durante la gravidanza; tuttavia, ricerche più recenti concludono che questo non è il caso del prosciutto. Infatti, più il prosciutto è stagionato, minore è il rischio di contrarre la toxoplasmosi in gravidanza. Stando a diversi studi, un lungo processo di stagionatura, il sale e altri fattori rendono impossibile la sopravvivenza del parassita che causa la toxoplasmosi.
 
Inoltre, se una donna non ha sofferto di toxoplasmosi prima della gravidanza, è improbabile che, mantenendo un regime alimentare simile durante la gestazione, contragga l'infezione. Come dato aggiuntivo, i prodotti confezionati di marchi di fiducia che si comprano nei supermercati e che hanno superato controlli di qualità rigorosi ed esaustivi dovrebbero essere esenti da questa e da altre malattie.
 

Le carni congelate sono più sicure

 
Una delle raccomandazioni principali è che il prosciutto deve essere stato congelato e poi scongelato prima di essere consumato. Infatti, il parassita della toxoplasmosi non resiste alle temperature di 20ºC sotto zero per 2 giorni e di 10ºC sotto zero per 3 giorni. È quindi possibile consumare i prodotti congelati a queste temperature e per questo lasso di tempo e successivamente scongelati lentamente.
 

La lavorazione del prosciutto e la sua infettività

 
La maggior parte degli studi che hanno analizzato la presenza di toxoplasma nei prodotti stagionati provenienti dal maiale coincidono nella bassa percentuale di positività (presenza di per sé del parassita nel prodotto) e infettività (capacità di invadere un organismo e causare infezioni). Ciò è dovuto all'effetto di processi come la salatura, che riducono significativamente la vitalità del toxoplasma. In questo contesto, il prosciutto rappresenta un caso particolare rispetto ad altri prodotti, poiché subisce una lavorazione più complessa:
 
  • Salatura di uno o più giorni;
  • Sgocciolatura da 24 a 48 ore a 0ºC;
  • Asciugatura di diversi giorni a una temperatura compresa tra i 3 e i 5ºC;
  • Stagionatura di diversi mesi a una temperatura compresa tra i 10 e i 20ºC.

La normale concentrazione di sale nel prosciutto è del 5-8%, anche se è possibile trovare concentrazioni più elevate. Questo fatto è molto rilevante, poiché al di sopra del 2% di sale il toxoplasma perde la sua capacità infettiva, e quando questo trattamento viene combinato con i nitriti, l'effetto è ancora maggiore. Nel prosciutto, il nitrito è un componente aggiunto che previene la crescita di microrganismi, oltre a conferire il caratteristico colore rossastro e a contribuire al suo aroma.
 

Tempo di stagionatura più lungo = minor rischio di infezione

 
Il tempo di stagionatura del prosciutto costituisce un importante meccanismo di disattivazione del parassita Toxoplasma gondii, cosa che dà sicurezza al momento di consumare il prodotto. Questo processo sembra avere un ruolo molto importante nella riduzione del rischio: infatti, più lunga è la stagionatura, minore è il rischio di infezione.
 
Nel 2011, il Journal of Food Protection ha pubblicato i risultati di uno studio condotto da specialisti in nutrizione e bromatologia dell'Università di Saragozza sulla relazione tra il processo di stagionatura del prosciutto e la sopravvivenza del parassita della toxoplasmosi nel prodotto. Per questo studio sono stati valutati maiali infettati naturalmente dal parassita. I prosciutti sono stati analizzati dopo 7 e 14 mesi di stagionatura, tempo in cui l'azienda commercializzava il prodotto. Alla fine dello studio, non sono stati riscontrati parassiti vivi nel prodotto, concludendo quindi che il consumo di prosciutto comporta un rischio minimo di contrazione della toxoplasmosi.
 
Un altro studio, in questo caso condotto dal Centro Tecnologico Andaluso del Settore della Carne con il sostegno del Ministero di Innovazione del Consiglio dell'Andalusia, afferma che il consumo di prosciutto pata negra di ghianda non è dannoso per le donne incinte, in quanto il suo processo di stagionatura diminuisce il rischio di toxoplasmosi.
In relazione a quanto sopra esposto, non è possibile affermare categoricamente che il prosciutto serrano non ha capacità infettive; tuttavia possiamo dichiarare che la probabilità di infezione è minima.
 

Quindi, le donne incinte possono mangiare prosciutto?

 
Uno dei problemi contemplati da alcuni esperti risiede nel fatto che, quando una donna incinta si reca in un negozio per comprare del prosciutto, non trova il tempo di stagionatura specificato sull'etichetta del prodotto. Questo dato dovrebbe essere sempre riportato sull'etichetta, non solo per le donne incinte, ma anche come informazione importante per il pubblico in generale.
 
Tuttavia, se si acquista un prosciutto in un luogo di fiducia e di un marchio molto noto, che è stato adeguatamente salato, lavorato a temperature adeguate e con un tempo di stagionatura elevato, è molto improbabile che questo contenga il parassita, e, se così fosse, che esso sia rimasto vivo per così tanto tempo.
 
In conclusione, possiamo affermare che quanti più mesi di stagionatura ha il prosciutto (14-24 mesi o più), più è sicuro il suo consumo. Quindi, se a una donna incinta viene voglia di mangiare un buon prosciutto, può farlo tranquillamente, tenendo sempre conto del tempo minimo di stagionatura consigliato per il prodotto.


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